di Giancarlo Capaldo
Questa volta la missione sembra davvero impossibile. Il principe Gian Maria Ildebrando del Monte di Tarquinia e la moglie Gloria, insieme al loro fido maggiordomo inglese Oliver, dovranno districare un intrigo internazionale legato allo Ior, la banca del Vaticano, e si imbatteranno nella scomparsa a Roma di una giovane ragazza di sedici anni, Eloisa. Tutto ha inizio da un misterioso conto corrente di imponente consistenza, aperto presso la banca vaticana e denominato Alea iacta est, che Anna Chiara, amica della principessa Gloria, ha ricevuto in eredità dal marito Adolfo Marcucci, finanziere intimo di papi e cardinali, personaggio chiave per gli equilibri all’interno delle mura leonine. Il terzetto, già protagonista de I delitti di via Margutta, si mette sulle tracce del conto sottratto all’amica dei principi e interpella Luciano, l’uomo che custodisce i più reconditi segreti di numerosi notabili in Italia e all’estero. Luciano però mette subito in guardia i principi: è materia che scotta, può essere pericoloso cercare la verità. La soluzione, tanto anelata quanto inattesa, è anche la chiave giusta per far luce su una storia tragica, ma molto importante, che rischia di macchiare per sempre l’immagine del Vaticano; una storia che si snoda tra ragioni di Stato, interessi privati e vizi disonorevoli, e coinvolge anime candide, eminenti cardinali e boss criminali. Anche questa volta i principi riceveranno aiuto dall’Anonimo, ora divenuto papa con il nome di Giovanni Paolo III, a cui spetta di contemperare le ragioni della Storia e le ragioni di Dio. L’avvincente romanzo di Capaldo, sostenuto da uno stile ironico e tagliente, sembra suggerirci che là dove, per incapacità, impossibilità o dolo, non arriva la verità giudiziaria, può intervenire la ricostruzione romanzesca, che talvolta tanto romanzesca non è.